
Il patron dello Smeraldo, Gian Mario Longoni, molto serenamente, non fa storie ma pensa solo a riaprire il teatro da qualche altra parte (magari a trasferirlo agli Arcimboldi). E a ben vedere, si possono indovinare alcuni motivi per cui, alla fine, la sua chiusura non è così drammatica. Anzitutto, non chiude perché il pubblico non ci andava, ma perché non era più in condizione di andarci. La voglia di Smeraldo non è scemata.
E poi perché al suo posto aprirà Eataly, impresa meritoria, e non l'ennesimo inutile negozio di vestiti.
E poi.. e poi basta: qui si chiude l'edulcorazione. Rimane la tristezza per la chiusura di un teatro storico, particolarmente vocato alla musica. Nei miei ricordi rimarranno due o tre strepitosi concerti di Paolo Conte, l'ultima tournèe di Fabrizio De Andrè (a lato il biglietto, che conservo tra le cose più care), il trio di Keith Jarrett, i Chieftains, un concerto a sorpresa di Fabio Concato (me lo regalò mia moglie, a cui piace, e fu una delle nostre prime uscite insieme). E ricorderò per sempre la cinquantina di persone, tra cui il sottoscritto, con le orecchie incollate alle porte di sicurezza che danno su viale Monte Grappa. Noi fuori, e dentro Springsteen. Fu emozionante, comunque.
Quanto ai parcheggi, è l'ennesimo sintomo di come l'Italia tratti i propri beni culturali. A Pompei, l'incuria; a Milano, l'incapacità di trattare un appalto come si deve. Vicende come questa mi confermano che il problema non è di fondi alla cultura, ma di cultura e basta.
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