Se chiedessimo a un appassionato di musica classica di rispondere con un nome alla domanda "CHI E' il pianoforte?", otterremmo un "Franz Liszt" da riflesso pavloviano. Il Sogno d'amore, la Campanella e la Rapsodia Ungherese sono il più chiaro certificato di quel riflesso, e rimandano al tempo in cui l'ungherese al pianoforte e Niccolò Paganini al violino sobillavano gli istinti del pubblico come solo la beatlemania ha saputo fare oltre un secolo più tardi. Ma se lasciamo l'immaginario collettivo per addentrarci nelle pieghe delle riflessioni di studiosi e musicisti, scopriamo che Liszt è stato per lungo tempo ostracizzato proprio dai pianisti. Ecco, per esempio, cosa scriveva Alfred Brendel nel 1961:
"So che mi comprometto difendendo la causa di Liszt. Nell’Europa centrale, in Olanda e in Scandinavia, il pubblico si irrita quando vede il suo nome figurare in un concerto. Quando il programma comprende anche una Sonata di Beethoven, l’ascoltatore è pronto a chiudere le orecchie e a proiettare su questa interpretazione tutti i pregiudizi che nutre nei confronti della musica di Liszt: superficialità altisonante, facile sentimentalismo, assenza di forma, effetti gratuiti. Insomma, un pianista che difende Liszt non può essere preso in seria considerazione come interprete dei classici. Si dimentica che Liszt era il più grande interprete di Beethoven dell’Ottocento. Sarebbe più sensato ammettere che il vero interprete di Liszt può essere solo un pianista che abbia confermato la sua competenza come esecutore dei capolavori classici".
Le parole di Brendel accendono in un attimo lo stoppino della polemica contro un modo di vivere la musica esclusivamente cerebrale; soprattutto, contro la pretesa che allo stesso modo la viva il pubblico. Ma polemizzare durante un compleanno non è elegante. Preferisco, nel mio piccolo, suggerire quanto segue:
- un articolo di Alex Ross su un libro dedicato alla morte di Liszt (molto meno gotica di quanto s'è tentato di far credere, essendo lui spirato in un luogo controverso qual è Bayreuth);
- Vladimir Horowitz che suona la Consolazione n. 3 in re bemolle maggiore (sia perché è Horowitz, sia perché è l'unica cosa di Liszt che ho nel mio limitatissimo repertorio, e la maestra che mi impose di studiarla era strepitosamente bella);
- il video lì sotto, suggeritomi da Emanuele Menietti (e che mi fa pensare a un discorso sull'infinita fecondità di certa musica).
0 commenti:
Posta un commento