Più che un'analisi musicale - per la quale non ho gli strumenti (è il caso di dirlo), e che, francamente, sarebbe scontato: per dire, vai a trovare un interista che, se in nerazzurro fosse arrivato Xavi, avrebbe storto il naso - mi intriga quella sul piano umano. Barenboim mi aveva affascinato qualche anno fa, quando lo vidi su Rai3 con la West Eastern Divan Orchestra in una serata che il servizio pubblico dovrebbe fare almeno una volta a settimana. Come i grandissimi sanno fare - Leonard Bernstein, per fare un nome - sapeva raccontare la musica. E il racconto della musica, si sa, è ciò che manca per consentirle di raggiungere il più ampio dei possibili pubblici.
Inoltre, Barenboim è un separatore, strenuo difensore di Richard Wagner. Il direttore è argentino di origini ebraiche, e ha passaporto israeliano. Pure, ha sempre sostenuto l'inesistenza dei legami tra la musica del tedesco, l'antisemitismo e il Nazionalsocialismo. Fu lui, e non altri, a dirigere nel 2001 in Israele il preludio di Tristan und Isolde, sdoganando Wagner in terra ebraica. Questo significa una cosa sola: "apertura mentale". La Scala non potrà che beneficiarne.
Poi, Barenboim non è solo un grande direttore ma anche uno degli interpreti più accreditati di Beethoven e delle sue sonate. Le eseguì tutte - sono 32 - proprio alla Scala nel 2007. Qui sotto suona il secondo movimento della "Patetica".
Mettetevi comodi.
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