Sono giorni di ribalta per Andrea Battistoni, musicale e mediatica. Sta dirigendo Le Nozze di Figaro alla Scala e ha appena scritto un libro per Rizzoli, Non è musica per vecchi. Sulle Nozze ha scritto Luca Sofri nel suo blog: non una recensione, ma un pensiero sui loggionisti che non hanno apprezzato la direzione (e sul quale mi riprometto di tornare). Del libro ha parlato lo stesso Battistoni da Fazio a Che tempo che fa.
Istintivamente Battistoni non mi comunica simpatia. Ha eccessiva sicurezza di sé. Che ci sta tutta, se consideriamo dove è arrivato ad un'età in cui metà dei suoi coetanei o sta per completare gli studi o organizza happy hour con gli amici. Ma mi ha dato l'impressione del saputello. Ma ciò nulla toglie alla bontà delle sue idee sulla musica. E sul modo di divulgarla.
Non è musica per vecchi è divulgativo, e intende attirare alla classica chi oggi non la conosce. E' un intento nobile che Battistoni - stando all'intervista: il libro devo ancora leggerlo - persegue affidandosi all'aneddotica (Arturo Toscanini e gli orologi da frantumare sul podio; Jean-Baptiste Lully che muore di setticemia per essersi ferito un piede battendo il tempo con una mazza ferrata) e ai consigli. Per lui l'ascolto della Quinta, del Nuovo Mondo, della Linz, dei Quadri di un'esposizione e del Bolero è il passepartout per l'ingresso nella musica classica (non cita l'Incompiuta). E con essi la Patetica, che Battistoni ama perché vi legge il racconto del dramma personale di Tchaikosvky. Un dramma insostenibile: pochi giorni dopo averne diretto la prima, il musicista si suiciderà misteriosamente (il mistero lo racconta bene Filippo Facci).
Si fa ascoltare, Battistoni. E - sono ottimista - mi sa che si fa leggere. "Parliamo della vita di questi poveri uomini che si sono raccontati nella musica", dice nel finale dell'intervista (la cui seconda parte è nel video lì sotto; qui la prima parte), invitando a spezzare tutti i malefici flauti dolci di cui sono infestate le ore di musica delle scuole medie. Ha perfettamente ragione, e mi spinge sempre più a diffidare (pur se a scatola chiusa) di idee divulgative come quella cui si ispira Mozart a modo mio.
Istintivamente Battistoni non mi comunica simpatia. Ha eccessiva sicurezza di sé. Che ci sta tutta, se consideriamo dove è arrivato ad un'età in cui metà dei suoi coetanei o sta per completare gli studi o organizza happy hour con gli amici. Ma mi ha dato l'impressione del saputello. Ma ciò nulla toglie alla bontà delle sue idee sulla musica. E sul modo di divulgarla.
Non è musica per vecchi è divulgativo, e intende attirare alla classica chi oggi non la conosce. E' un intento nobile che Battistoni - stando all'intervista: il libro devo ancora leggerlo - persegue affidandosi all'aneddotica (Arturo Toscanini e gli orologi da frantumare sul podio; Jean-Baptiste Lully che muore di setticemia per essersi ferito un piede battendo il tempo con una mazza ferrata) e ai consigli. Per lui l'ascolto della Quinta, del Nuovo Mondo, della Linz, dei Quadri di un'esposizione e del Bolero è il passepartout per l'ingresso nella musica classica (non cita l'Incompiuta). E con essi la Patetica, che Battistoni ama perché vi legge il racconto del dramma personale di Tchaikosvky. Un dramma insostenibile: pochi giorni dopo averne diretto la prima, il musicista si suiciderà misteriosamente (il mistero lo racconta bene Filippo Facci).
Si fa ascoltare, Battistoni. E - sono ottimista - mi sa che si fa leggere. "Parliamo della vita di questi poveri uomini che si sono raccontati nella musica", dice nel finale dell'intervista (la cui seconda parte è nel video lì sotto; qui la prima parte), invitando a spezzare tutti i malefici flauti dolci di cui sono infestate le ore di musica delle scuole medie. Ha perfettamente ragione, e mi spinge sempre più a diffidare (pur se a scatola chiusa) di idee divulgative come quella cui si ispira Mozart a modo mio.